Un ricordo di Federico Fellini nel centenario
della sua nascita
Federico Fellini e Daniela Ripetti (da Epoca) |
Nel centenario della nascita del grande regista, scrittore,
sceneggiatore e fumettista Federico Fellini lo ricordo qui attraverso un
personale ricordo in versi tratto dal mio ‘Libretto’ di rime e ritmi Dei
trapassati intendimenti. Il ricordo è condensato in una poesia “Città
delle donne in bosco” del 23 ottobre del 1979 dedicata a Fellini ed al poeta
Andrea Zanzotto. Quando abitavo a Roma mi
incontravo a volte con Fellini ed altri nostri comuni conoscenti per scambiarci
idee su argomenti più svariati, letteratura, psicologia, sul film che stava
girando, ecc. L’incontro con Andrea Zanzotto, a cui si riferiscono i miei
versi, avvenne sul set della Città delle donne tra nebbie e brine, false
e vere, come tutto il resto… La poesia nacque in quel clima surreale e
grottesco ed il suo titolo richiama Città delle donne di Fellini e
Galateo in bosco di Zanzotto.
Il poeta di
Pieve di Soligo scrisse anche alcuni “saggetti” sulle opere del regista
riminese con cui sentiva certe intime affinità elettive e con cui aveva iniziato
un sodalizio nel 1976 collaborando al Casanova di Fellini. Egli era
affascinato dalla modernità del suo cinema nostalgico di mondi dialettali, antichi,
archetipici, un cinema che “brusa e fa ciaro”, che brucia e illumina
inquietando con la sua sintassi onirica e il suo “aldilà di luci e plastica”.
La poesia
“Città delle donne in bosco” fu presentata per la prima volta nel novembre 1979
in un mio Recital al Teatro S. Ferdinando di Napoli e il 7 aprile 1980 a Roma al
Tenda-Poesia di Via Sabotino nella mia performance Diversioni.
Città delle donne in
bosco
Impigliata… nei fingimenti
di
nebula e brina
da notte di notti sento
il titillante luminio del
Luna-Park di Friedrich
untore dei sogni di una
ragazza livida il volto
scomposto sperare l’estate
in sovraccariche forme di
scarlatti ricci e tra neri
paludamenti al Poeta
dissi: “tu mancasti il mio avvento
sui sentieri di Castelporziano…”*
Ci fu
una donna ubriaca di pura isteria
gracidante in vapori percorsi
da scoppiettanti torce …
Era
fino all’ultimo appiglio di memoria
che intersecai dei sogni il sogno
di briciole d’amore.. sospese..
come frigida brina, sui rovi…
* È un riferimento al Primo Festival Internazionale dei Poeti a cui
partecipai nel 1979 con il mio Teatro Volante dell’Impossibile (o Teatro
dell’Avvento-Non teatro a-venire).
City of women in the Woods
(Provisional English translation)
Entangled in the fictions of fog and rime,1
in a night of nights, I find again
the titillating lights of the funfair
of Friedrich, the dream-spreader,2
the upset face of a pale girl
invoking summer
in overloaded forms of scarlet curls…
And wrapped in a black cloak
to the poet I said:
“You missed my advent on the paths
of Castelporziano”.
There was a woman drunk with pure hysteria
croaking in vapors crossed by crackling torches.
It was until the very last flash3of memory
that I intersected among dreams the dream
of love crumbs suspended
like frigid frost, on
brambles…
1. La parola in inglese letterario ‘rime’ è qui utilizzata con almeno
due livelli di significato: ‘frost’ (brina) e ‘rhyme’ (rima, poesia) come
accade in The rime of the ancient mariner di Coleridge (La ballata
del vecchio marinaro). Purtroppo non è stato possibile rendere in italiano
questo doppio significato.
2. La parola composta ‘dream-spreader’
è stata da me costruita sul modello di plague-spreader (propagatore di
peste, untore) e, nelle mie intenzioni, dovrebbe tradurre ‘untore di sogni’ senza
nominare esplicitamente il termine negativo di ‘plague’ qui non pertinente. Ma
non so se in questo modo è ancora avvertibile l’associazione con
‘plague-spreader’ e il carattere perturbante del termine ‘untore’ presente
invece nella mia poesia riferendosi al felliniano mondo di visioni e sogni che
“bruciano e illuminano”. Francamente preferirei coniare un neologismo usando la
parola latina “unctor” (the dream-unctor) da cui è derivata la parola italiana
‘untore’. Dunque un latinismo, pronunciato all’anglosassone, come altre volte
troviamo in lingua inglese. Altrimenti si potrebbe utilizzare il composto ‘the
dream-sower’ perdendo però molto del significato originale.
3. Altra difficoltà di traduzione è relativa
al termine ‘appiglio’ nei versi finali della poesia e che si ricollega
all’iniziale ‘impigliata’. Gli “appigli di memoria” sono infatti quei
punti in cui la memoria si impiglia e che danno occasione a quel particolare
‘entanglement’ di fluire in visionari ricordi e associazioni. Non riuscendo a
trovare un termine inglese adeguato e
pensando all’entanglement quantistico ed alla parola iniziale ‘entangled’, ero tentata di servirmi del termine quantum. Poi però ho preferito utilizzare provvisoriamente la parola flash: “It was until the very last flash
(o moment) of memory…” Ogni
suggerimento è benvenuto.
Decisamente bella e appropriata, alla commemorazione del mai troppo rimpianto Federico, la tua poesia.. . Un cortocircuito riuscitissimo tra visioni oniriche, trucchi di scena ed escamotage semantici che si risolve in versi di grandissima sensibilità. Come pure interessante è l’humus culturale in cui i tuoi versi sono nati, testimonianza di un periodo storico probabilmente irripetibile.
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