LA POESIA E IL SUO DOPPIO
Dalla recensione di Riccardo Tavani su “Stampa Critica” (17 aprile 2021)
La storia civile, politica italiana, dalla fine degli anni ’60 a oggi,
tessuta sotto la filigrana della poesia d’avanguardia di Daniela
Ripetti-Pacchini. Questo stupore ti coglie all’improvviso leggendo pagina
dietro pagina, La poesia e il suo doppio,
uscito in questi giorni per EdiPsy Editrice https://bit.ly/3ro2ppI, che raccoglie un’ampia messe della
produzione poetica di Ripetti-Pacchini. Non una semplice poetessa, ma la canto-poetessa, che – con la rivolta
della sua voce, dei suoi versi, di due tableaux vivant del Living Theatre
accanto a lei – placò la spiaggia di Castel Porziano a fine giugno del 1979,
restituendo di colpo alla selvaggezza,
alla selvaggia gettatezza giovanile del ’77, la suadenza inascoltata della
propria ribellione. E che risuonò nei festival dei due anni successivi nel
Parco di Villa Borghese a Piazza di Siena e all’Università di Roma. Se c’è un
doppio nella totalità poetica, non in senso quantitativo, ma
qualitativo, configurata dentro questo testo è proprio l’inseparabilità tra
alto valore letterario, gesto poetico teatrale della voce, tessitura
metrico-politica implacabile. Il doppio è anche un rovescio, come quello di un tessuto sotto, dietro il dritto. Senza l’uno non c’è l’altro,
anzi, non c’è niente. L’uno e il doppio, il rovescio e il dritto si mostrano,
si celano, si dicono, si tacitano ed eccitano a vicenda, si scambiano ruolo e
ritmo semantico. Di quella strada di ricamatori autonomi di tumulti e molotov
che era Via dei Volsci a Roma negli anni ’70, Ripetti-Pacchini scuce il dritto
strillato sulle pagine dei giornali per svelarne il rovescio. “Strada nera/ strada di non rose/… – è sera –
/ sul marciapiede sudato/ passa e ripassa una/ ronda allegra…” […]
Le sue istantanee non sono solo immagine, luce che folgora l’istante e
lo sospende, ma sono fotogrammi di voce, frammenti di senso tra i quali
transita l’intero film della sua poesia. Un film, però, senza inizio e fine,
perché rovescio, ombra, doppio, si intridono all’infinito di riverberi
semantici ed eco originarie – eppure inaudite.
Piegami il labbro alla/ felicità, cantami,
soffiami
La recensione completa si trova a questo link:
http://stampacritica.org/2021/04/17/la-poesia-e-il-suo-doppio/
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